lunedì 1 dicembre 2014

Sempre ragionando sull'Hip-Hop italiano...

Sono nato nel 1980. La parola Hip-Hop l'ho incrociata molti anni dopo, ma ho sentito parlare (vagamente, impropriamente) di Rap fin dai tempi di "Jovanotti for president"; il decennio era agli sgoccioli, io andavo alle elementari e come tutti cercavo di imparare il passettino che faceva lui, Jovanotti/Lorenzo Cherubini, ai tempi di Deejay Television. La maggior parte di voi non sa neppure di che parlo, non c'eravate. Non importa. Che c'entra Jovanotti? C'entra, c'entra... un attimo e ci arrivo. Dicevo che l'Hip-Hop è arrivato solo in seguito, tra medie e superiori, pian pianino ho imparato a capire alcune cose, ho immagazzinato un quantitativo di nomi, titoli e termini sempre più ampio, approfondito concetti che mi erano un po' vaghi e individuato un gusto personale, oggi abbastanza definito. Proprio in quel periodo, '94/'95, toccava ancora smarcarsi da Jovanotti e spiegare a chi di Hip-Hop non ne sapeva molto che sì, lui magari aveva pure fatto del Rap, ma con questa roba qui non c'entrava proprio nulla - né, per onestà di cronaca, l'interessato aveva mai mostrato di sentirsene parte. Ecco appunto, la cosiddetta appartenenza: in quegli anni il potenziale curriculum vitae di un artista Hip-Hop segnalava esperienze in tutte e quattro le discipline (Kaos, ad esempio; ma non era certo l'unico), non perché fosse necessario, è che l'Hip-Hop si esprime solo così, con la musica, un microfono, lo spray e le acrobazie sul linoleum, se non ti piace non è un problema, ma se sei convinto di poterne scindere il profondo equilibrio allora stai facendo altro. E quindi vengo al punto: qualcuno è in grado di spiegarmi per quale ragione dovrebbe interessarmi la carriera parallela nel mondo dello show (inteso a 360°) dei rapper nostrani più noti? Non è una domanda retorica, io me lo chiedo davvero. Leggo diversi blog/testate che non perdono occasione per segnalarci che Guè Pequeno e Clementino sono nel cast di due reality, che Chicoria va in TV a fare l'opinionista (!), Amir è in una trasmissione di Rai Tre e Fedez è un giudice di X Factor, che Emis Killa, Baby K e Rocco Hunt pubblicano un libro ciascuno (guarda caso a ridosso del Natale...) e via a seguire, non ricordo neppure più. A volte è capitato anche a noi di farlo, perciò non prendete il tutto come una critica contro chi stabilisce liberamente di cosa occuparsi, tuttavia non riesco a non dire ma che me ne frega?! di argomenti che, con l'Hip-Hop in generale, non hanno più nulla a che vedere. E la ragione è banale: non seguo chi fa Hip-Hop, seguo l'Hip-Hop. Gli atteggiamenti da fan e/o groupie mi appaiono ridicoli, adolescenziali, del tutto incompatibili con un'analisi di tipo critico e una passione viscerale verso un movimento, a prescindere dai suoi attori. Di conseguenza, tra un libro di Baby K, un'apparizione da Silvia Toffanin di un mc a caso e un vecchio disco di Jovanotti non riscontro alcuna differenza: in tutti e tre i casi parlare di Hip-Hop significa condannarsi all'eresia.

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