BRA
Usa:
La regola ne vorrebbe tre, ma io ne pesco dal mazzo quattro, perché se il livello medio quest'anno è stato mediocre (a mio avviso), le poche eccezioni degne di nota si sono rivelate davvero esplosive. In ordine alfabetico: Apollo Brown & Ras Kass con "Blasphemy", prova quadrata per entrambi, sound classico che prende bene subito e rime infuocate, al limite dell'estremismo; Freddie Gibbs & Madlib con "Piñata", disco squi-si-to, un Madlib frizzante come non si sentiva da anni, accompagnato da un Freddie G. (gangsta?) in forma smagliante, lui racconta e tu sei lì che ascolti ad occhi chiusi; Hail Mary Mallon con "Bestiary", formula addirittura migliorata rispetto alla prima uscita del trio, sonorità devastanti e incastri lirici da manuale, ovvero quando del tasto skip non sai proprio che fartene; Run The Jewels con "Run The Jewels 2", altra combo che non delude, questi due pazzi fanno e dicono quello che gli pare e a noi piace proprio così, soprattutto se alle macchine c'è il più estroso beatmaker Hip-Hop dal 1997 ad oggi (indelible...).
Italia:
Come direbbe Moreno (ah-ah-ah!) che confusione... Parabola discendente, troppi cialtroni che fanno a gara con troppi buffoni, poca sostanza. A far bene sono En?gma con "Foga", disco originale per linguaggio e immaginario, prodotto con gusto e senza aderire rigidamente ai suoni Machete; Kento & The Voodoo Brothers con "Radici", una prova matura e coraggiosa, la conferma di un percorso discografico coerente e incline alla sperimentazione, rime intelligenti (Deo gratias!) e un rispetto profondo per le radici del titolo; infine Nero con "Segni del tempo", l'outsider, il ragazzo della provincia che ha assimilato l'Hip-Hop nelle sue forme più sincere restituendone una visione altrettanto schietta e pulita.
MISTADAVE
Devo concordare con qualche mio collega e sostenere che il
duemilaquattordici non è stato un grande anno come me lo aspettavo.
Tuttavia esiste sempre un quantitativo minimo di dischi di cui tener
conto anche negli anni a venire e, anche in assenza del capolavoro che
si stacca di netto dagli altri, sono lavori che danno meritata luce ad
artisti spesso sottovalutati. E andiamo...
1) Verbal Kent - Sound Of The Weapon:
il prolifico mc di Chicago, che rappresenta pure un terzo degli Ugly
Heroes, ha firmato l'album che personalmente mi ha colpito più di ogni
altro, presentando un arsenale lirico di tutto rispetto utile sia a
srotolare il suo Rap da battaglia pieno di metafore e assonanze, sia
racconti che scendono nella sfera personale, toccando punte drammatiche
di esperienze realmente vissute. Merito del successo dell'operazione è
pure di Khrysis, il quale confeziona un sound fresco, pieno di loop
vocali lavorati ad arte e batterie rotonde che picchiano davvero duro.
Una combinazione notevole.
2) The Doppelgangaz - Peace Kehd:
scoperti grazie a Cazza, che aveva coperto tutte le recensioni del
bizzarro duo fino al momento della sua licenza matrimoniale, che mi ha
permesso di ascoltarli per la prima volta e recensire "Peace Kehd". Una
rivelazione. Attitudine cazzona, talento a pacchi, gestione del flow
sostanzialmente impeccabile e numerose citazioni umoristiche e
dissacranti, unite a un'auto-produzione che partorisce bombe assolute
(ciò che scrissi all'epoca su "Holla X2", ovvero che lo trovavo il
singolo dell'anno, lo confermo oggi), tra le quali trovano spazio brevi
episodi strumentali che sottolineano la genialità di Matter Ov Fact ed
EP.
3) Edo.G - After All These Years: potrà sembrare una selezione nostalgica, ma che ci si può mai fare se, dopo tutti questi anni,
Edo se ne esce con l'ennesimo disco che spacca? Apprezzo il
veteranissimo di Boston per la sua capacità di dimostrarsi un artista
senza fronzoli, fa quello che sa fare, nulla più, lo fa benissimo e
piazza dodici tracce essenziali, prive di materiale superfluo, contando
su una grande produzione ma pure su un wordplay che non stanca mai.
Honorable Mentions
Diabolic - Fighting Words:
scoperto un po' tardi, ma entrato subito nelle mie preferenze
dell'anno. Un disco solido, brutale, politicamente scorretto, rappato
con grande classe e grinta. Lascia in stato di stordimento a ogni
ascolto grazie a tutta l'aggressione che scatena, ma viene continuamente
voglia di ascoltarlo, perché contiene substrati tematici che vanno al
di là delle apparenze da battaglia.
Shabaam Sahdeeq - Keepers Of The Lost Art: un lavoro granitico e raro, perché propone ben ventitre tracce che
potrebbero spaventare chiunque e che invece costituiscono qualcosa di
davvero massiccio. Le chiavi del successo sono due: un mc di quelli
veri, capaci di riempire pagine e pagine di rime trovando sempre
qualcosa di nuovo da dire, e una produzione che coinvolge quattordici
personaggi stilisticamente differenti, che confezionano con grande
omogeneità un boom bap newyorkese pulito, attualizzato ai giorni nostri e
non certo inferiore a quello di un tempo.
BLEMA
1) Run The Jewels 2: perché in genere la pt. 2 di un progetto molto ben riuscito lascia sempre un po' delusi, invece qui, come avrete letto dalla
recensione, dal primo ascolto è tutto un cazzosìnevoglioancora. E poi c'è El-P. E le casse che fanno tremare casa mia. E i vinili colorati. Meooow.
2) Piñata: accolto con uno scetticismo svanito al primo ascolto, io da Madlib non mi aspettavo un lavoro (ancora) così bello. Aggressivo al punto giusto, poco mellow, un Freddie Gibbs che trova il modo di star dietro alle follie madlibiane: una meravigliosa sorpresa.
3) Bestiary: Se la Def Jux fosse sopravvissuta, questo sarebbe il disco manifesto del 2014. Grezzo, ruvido, allucinatorio, liriche e incastri che dai, provaci.
CAZZA
Onyx - #Wakedafucup: "#Wakedafucup" non passerà di certo alla storia come album eccelso, sia dal punto di vista tecnico che da quello innovativo, ma di sicuro l'ultima fatica degli Onyx ripropone un gruppo storico in perfetta forma, la cui sinergia coi redivivi produttori Snowgoons (da tempo in netta flessione) è indubbiamente solida e apprezzabile. Se poi ci mettete una sana dose di Europa all'interno, il tutto suona ancora più piacevole.
Hail Mary Mallon - Bestiary: c'è poco da dire, nella stragrande maggioranza dei casi, quando Aesop Rock si mette in testa di fare qualcosa di epico, ci riesce quasi sempre e "Bestiary" ne è la prova. Beat dal sapore grezzo ed Elettronico al punto giusto, rime fresche e coinvolgenti e soprattutto la capacità di aver rianimato un rapper malconcio come Rob Sonic. Ben fatto.
Freddie Gibbs & Madlib - Piñata: aspettavamo Freddie Gibbs al varco dopo averlo ascoltato e apprezzato su diversi progetti minori e l'attesa non ha lasciato rimpianti. Inoltre, l'aver potuto contare sull'apporto musicale e artistico di un mostro sacro come Madlib ha garantito a "Piñata" un livello complessivo che dall'ottimo è passato al superlativo. Per non parlare di quella cover zebrata...
BLOND DEE
Usa:
1) Step Brothers - Lord Steppington: beh che dire, se Evidence e The Alchemist decidono di fare un disco assieme, le possibilità che il risultato sia una bomba sono pressoché assolute. Gran disco, divorato in un boccone. E' nobiltà pura dell'Hip-Hop racchiusa in 14 tracce. Hanno tardato un po' d'anni ma alla fine ce l'hanno fatta! Ripeto: gran disco.
2) The Doppelgangaz - Peace Kehd: ammetto di averli scoperti molto, troppo tardi. Fatto sta che nel 2014 mi sono fatto una scorpacciata dei loro lavori. East Coast Rap puro e duro, suona molto golden age ma è perfettamente contemporaneo al tempo stesso. Un piacere per i miei gusti, a volte un po' troppo nostalgici, lo ammetto.
3) Onyx - #Wakedafucup: come ho scritto nella recensione dell'ultimo disco di Fredro Starr, gli Onyx sono un gruppo che tendono a dividere - odio o amore. Da parte mia è amore folle (ancora di più dopo averli visti in live due anni fa: FUOCO E FIAMME). Fedeli alla linea, al loro stile e al loro credo nonostante il passare degli anni. Le produzioni degli Snowgoons sono perfette per il loro stile grezzo. Coerenza e credibilità da vendere.
Italia:
1) Kento & The Voodoo Brothers - Radici: album davvero bellissimo, sia a livello musicale che a livello lirico. Ricchissimo di contenuti e di spunti davvero soprendenti. Testa e spalle sopra tutte le altre produzioni italiane del 2014.
2) Murubutu - Gli ammutinati del bouncin' ovvero mirabolanti avventure di uomini di mare: se questo non è un genio, allora abbiamo idee completamente diverse su cosa sia geniale o meno. Murubutu ha questa capacità di dipingere, descrivere e raccontare con le rime che ha ben pochi eguali. Nel suo intero è un album abbastanza difficile da digerire, vista anche la complessità delle tematiche e la continua ricerca della perfezione da un punto di vista metrico e lessicale. Ma ha questa capacità salgariana di farti viaggiare attraverso i suoi racconti che mi stupisce ad ogni ascolto.
3) Nero - Segni del tempo: un bellissimo lavoro dalla spesso dimenticata Basilicata. Hip-Hop genuino, che non può non piacere agli appassionati del genere.
LI9UIDSNAKE
Come ho già avuto occasione di sostenere in una delle mie ultimissime recensioni, quella che a breve si chiuderà si è rivelata essere un'annata particolarmente prolifica per gli album realizzati a quattro mani, ovvero facendo ricorso alla classica formula producer + mc. Di conseguenza, non sorprende vedere che gli occupanti del mio personalissimo podio per questo 2014 si ritrovino a stare piuttosto strettini, costretti nell'impresa di doversi spartire tre soli gradini in sei.
La medaglia d'oro, con tanto di collana d'alloro ed elogi annessi, va dritta al collo di Jaime Meline e Michael Render, un binomio che da tre anni a questa parte riesce a regalare (spesso nel vero senso della parola) il meglio della stagione musicale. Tanta era la fiducia, ma non credevo che, in un così breve intervallo di tempo, i due potessero dar vita a un seguito all'altezza del primo "Run The Jewels", e invece non solo lo hanno fatto ma sono riusciti pure ad alzare l'asticella. Chapeau!
Sul gradino intermedio si accomodano Madlib e Freddie Gibbs con "Piñata", un disco che è riuscito a confermare le ottime aspettative nonostante una lunghissima gestazione (il primo singolo, "Thuggin'", è stato rilasciato nell'autunno del 2011) che, troppo spesso in passato, abbiamo visto tramutarsi nell'anticamera della delusione. Gangsta Gibbs ha trovato negli scenari sconnessi e stratificati dell'eclettico genio di Oxnard il territorio di caccia ideale per dare libero sfogo alle pulsioni del proprio flow.
Chiudono infine il podio Apollo Brown e Ras Kass con "Blasphemy", una collaborazione nata sull'asse Detroit/Los Angeles e annunciata a sorpresa dalla portentosa Mello Music Group (meravigliosamente incapace di saltare un turno quando si tratta di piazzare qualche disco nelle classifiche di fine anno) nel mezzo della scorsa estate. Un piccolo sogno diventato realtà (per il sottoscritto) e, contemporaneamente, la fine di un incubo per lo storico liricista di Carson, costretto per troppi anni ad accontentarsi di fare del suo meglio ricorrendo a collaboratori non all'altezza delle sue qualità (o, come disse lui stesso rispondendo a proposito del suo rapporto con la Priority Records nel corso di un'intervista: You give me a road kill cow and pair of scissors but you expect a pair of Air Jordans. It's not fair).
Ci tengo però a concludere con una menzione d'onore nei confronti di "Built To Last" di Akrobatik. Un album fantastico e indipendente al 100%, realizzato con un budget estremamente ridotto, zero promozione, zero sponsor, ma con una passione infinita. Un concentrato di Hip-Hop a ventiquattro carati da parte di uno dei grandi della scena underground americana, tornato più forte che mai dopo i drammatici eventi che nel 2011, per poco, non lo strapparono alla vita. Big up!
JONATHAN
1) Shabbazz Palaces - Lese Majesty: forse il solo disco assieme ai Clipping e ai Death Grips (che però non mi piacciono molto) ad aver rimescolato le carte in tavola per quanto riguarda il genere, pur non avendo premuto affatto l'acceleratore sulla tecnica in sé, ma aver creato proprio dei nuovi mondi musicali.
2) Kelis - Food: una splendida sorpresa, Kelis è solo limitrofa al mondo dell'Hip-Hop ma ha un talento immenso e sentirla di nuovo su delle produzioni adatte è stato un bel regalo: bentornata!
3) Zona mc - Porconomia: Zona mc è l'autore del primo disco Rap a parlare di macroeconomia (forse il primo disco in generale), lo fa in maniera provocatoriamente banale e ironica e soprattutto con stile. Supportatelo, merita!
THINK'D
Top 3 World
1 - Clipping./CLPPNG
2 - Lone/Reality Testing
3 - Run The Jewels/RTJ2
Bonus 1: Shabazz Palaces/Lese Majesty
Bonus 2: Step Brothers/Lord Steppington
Top 3 Italia
1 - Kento & The Voodoo Brothers/Radici
2 - Uochi Toki & Nadja/Cystema solari
3 - Capibara/Jordan
Bonus 1: Uochi Toki & Surgical Beat Bros/Shuriken EP
Bonus 2: Outside The Box/B-Music
* Di parole nelle recensioni ne scriviamo già troppe, quindi per queste classifiche non ce n'è bisogno.
** Molti dischi tra le topqualcosa altrui non sono stati snobbati dal sottoscritto ma semplicemente non ascoltati.
PAOLO HCM
1) Dilated Peoples - Director Of Photography: il migliore in assoluto e personalmente il migliore anche degli ultimi anni. Dopo una lunga attesa, il trio sforna un prodotto davvero sopra la media che in pochi giorni ho consumato nello stereo. I tre si incastrano oramai alla perfezione completandosi l'un l'altro. Il disco, come si direbbe, SPACCA!
2) Apollo Brown & Ras Kass - Blasphemy: che sia uno dei migliori produttori in circolazione è fuori discussione; è anche uno dei miei preferiti per come riscopre campioni e taglia sample davvero hardcore. "Blasphemy" ne è l'ennesima conferma ed entra nella top 3 per il fatto che esalta il buon Ras Kass formando una coppia micidiale.
3) Step Brothers - Lord Steppington: è da anni che la coppia Alchemist/EV lavora insieme e finalmente esce un lavoro completamente loro. Il disco picchia davvero con un suono unico e metricamente i due rilasciano un prodotto da far saltare tutti dalle sedie. Raggiungono il top e anche acquistando il vinile ce ne si accorge. DA MILLE.
MR. BUSHDOC
1) Funk Shui Project – Funk Shui Project: produzioni suonate e campioni che si miscelano egregiamente incrociano le rime caustiche, ironiche e intelligenti di uno degli Mc più in forma del momento. Se non è il disco dell’anno, ci manca poco.
2) Murubutu - Gli ammutinati del Bouncin' ovvero mirabolanti avventure di uomini e mari: il mare è protagonista dei bellissimi rap-conti del raccontastorie per antonomasia del rap italiano. Tematiche complesse affrontate con una metrica e un uso della parola che sbalordisce a ogni ascolto.
3) Kintsugi - Master of Kintsugi: il 2014 è stato l’anno dei dischi dei produttori. A sbaragliare la concorrenza dei colleghi più o meno noti è quello del duo tarantino Kintsugi. Sorpresa dell’anno.
Menzioni d’onore
Gemello - Niagara EP: l’atmosfera unica dell’ep dell'mc romano se l’è giocata fino alla fine, ma esce di pochissimo dalla mia top 3.
Caneda - La Dolce Vita: uno dei rapper più originali della scena che incontra uno dei producer più originali del panorama italiano. Il risultato non poteva deludere.